giovedì 1 marzo 2018

Luigi Natoli:da un articolo di William Galt del Giornale di Sicilia dell'epoca la reazione dell'autore alle critiche dei lettori sul Paggio della Regina Bianca.


Dunque una insurrezione?
Come un povero re Manolillo qualunque, il quale venuto in uggia o in dispetto ai sudditi, è mandato a spasso, così, dai miei lettori, in uno scoppio irrefrenabile di indegnazione… letteraria sono stato detronizzato; peggio ancora; come fossi un Luigi XVI sono stato minacciato di impiccagione o decapitazione, o dileggiato da tutti i Simon che formano i tre quinti dei lettori d’appendice.
L’indegnazione è stata suscitata dallo scioglimento inaspettato e impreveduto del Paggio della Regina Bianca; scioglimento che non è andato a verso dei lettori, che si aspettavano, probabilmente, qualche terzetto melodrammatico fra i personaggi principali.
Il direttore mi ha dato un fascio di lettere, provenienti da parecchi paesi della Sicilia; alcune delle quali manifestano la loro indegnazione con forme grammaticali che rivelano la profonda cultura dei loro autori; altre si esprimono con forme di galateo che indicano negli scrittori direi quasi una specie di analfabetismo del galateo. Ora queste in special modo, le impertinenti cioè, firmate o no o con dozzine di nomi, lungi dal provocare in me una reazione di sdegno, mi procurano un momento di irrefrenabile ilarità, e accrescono il mio appetito. E la vita è così poco gioconda, ed ho tante e tante malinconie d’intorno, che io son grato a queste brave persone del momento di allegria che offrono al mio spirito.
Chi vi dice che William Galt non abbia avuto ragioni per troncare repentinamente il romanzo; o meglio per condensare gli ultimi capitoli in uno, e sbrigarsi. Mettiamone una: per esempio, non si sentiva più la voglia di scrivere. Quando qualcuno degli scrittori delle lettere non ha più voglia di giocare a primiera o allo scopone nel patrio circolo, può forse esser costretto a giocar suo malgrado? E quando egli ha pieno lo stomaco, ha forse più la voglia di mangiare un altro piatto di maccheroni? E quando è stanco da lungo e disastroso cammino, e non si sente più le gambe di andare innanzi, non si mette forse a sedere anche per terra? Questo potrebbe essere uno dei casi miei, cari lettori. Come ogni semplice mortale, per quanto William Galt, io avrei potuto essere stanco; e non ci sarebbe nulla di strano. Alla fine ho pubblicato uno dopo l’altro quattro romanzi, che formerebbero, se stampati, cinque grossi volumi di quattrocento pagine per uno, che non è poco; e per quanto romanzi d’appendice, a fondo avventuroso, a grandi tinte, d’effetto, pure c’è in essi una parte, che, forse sfugge alla parte più grossa dei lettori, certo è sfuggita ai venti o trenta scrittori delle lettere, ma coloro che se ne intendono sanno che costa qualche fatica: ed è la ricostruzione storica dell’ambiente e lo studio del costume. Sapessero le cure scrupolose che metto soltanto per la esattezza topografica!... 
Ora tutto ciò costa un grande lavorìo del cervello, e se i lettori pensano che con altri pseudonimi e col nome che mi danno i registri dello Stato Civile, ho in quest’anno scritto e pubblicato altri lavori di importanza maggiore che non siano i romanzi d’appendice; e se riflettono per poco che mentre contemporaneamente ho lavorato intorno a queste tre o quattro opere diverse di contenuto, di forma, di finalità, di intenzione, ho pure ogni giorno scritto e mandato invariabilmente le cartelle per l’appendice della giornata, gli scrittori delle lettere dovrebbero maravigliarsi che non ho pensato a mandare, più presto a quel paese, il Paggio e i suoi compagni. 
Ma, lasciando da parte questa ragione fisiologica, che potrebbe avere il suo peso, e altre ragioni mie che è inutile dire, o che cosa volevano dunque i lettori? Durante la pubblicazione del romanzo c’era chi mi scriveva di farlo finire a un modo, e chi di farlo finire a un altro: chi la voleva cruda e chi la voleva cotta: v’erano i partigiani di Tarsia, di Iana, di Giovannello e di Simone: v’era chi voleva a ogni costo che la regina Bianca diventasse l’amante di Giovannello, mentre essa fu onestissima; chi voleva che Giovannello ridiventasse conte di Modica, mentre quest’ultimo rampollo dei Chiaramonte morì senza lasciar nessuna traccia di sé, come una nube che dilegua al sole… Insomma cento pareri, cento desideri, che ad appagarli, se avessi dovuto preoccuparmene, avrei dovuto scrivere cento Paggi paralleli. 
Fortunatamente io avevo la mia idea. 
L’autore, anche se scrive giorno per giorno la puntata da pubblicare, ha già nel cervello la trama, e sa dove ha da arrivare. Il Paggio non poteva e non doveva avere altro scioglimento che quello che ebbe. Prosaico? Ma… Affrettato? Può essere e l’ho detto. Al pubblico non è piaciuto? Mi rincresce, ma non ho proprio che farci. Fischia? Si accomodi, non gli do torto, ma non riconosco d’averne io. Scrive male parole? Mi diverto io, dopo aver divertito lui con quattro romanzi… e mi apparecchio a divertirlo col quinto. 
Col quale – direbbe l’oramai celebre Oronzio E. Marginati – gli stringo la mano, e a rivederci… col Vespro.  

William Galt.


Luigi Natoli: Il paggio della regina Bianca. Ricostruito nella versione originale pubblicata dalla casa editrice La Gutemberg. 
Pagine 702 - Prezzo di copertina € 23,00
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