lunedì 12 febbraio 2018

Luigi Natoli: Il casotto delle Vastasate. Tratto da: Calvello il bastardo.


Il Casotto era lontano: giù a piazza Marina, quasi un miglio di strada. Era il teatro popolare, o, come si diceva anche, nazionale, dacchè la Sicilia era una “Nazione” per sè, e il dialetto era considerato come lingua nazionale.
Poiché i Signori avevano per loro i teatri di Santa Cecilia e di Santa Lucia, alcuni popolari avevano verso il 1780 fondato un teatro per loro; ed avevano costruito una grande baracca, nella piazza Marina, nella quale recitavano commedie in dialetto, spesso improvvisate, e delle quali i personaggi principali erano i facchini di piazza.
Facchino, in dialetto, si dice vastasu, vocabolo prettamente greco; vastasate si chiamarono quelle commedie, e Casotto delle vastasate il teatro.
Attori e commedie levarono grido.
Fino allora a Palermo non s'era mai visto nulla di simile. C'erano state vecchie commedie, recitate da comici di mestiere, nelle quali il tipo buffo siciliano era rappresentato dal solito Travaglino, o dal vieto Nardo; due maschere oramai insipide i cui lazzi e le cui buffonerie si ripetevan sempre gli stessi. Del resto le commedie non eran molte, e per riudirle bisognava aspettare qualche compagnia di comici randagi e disperati. Figurarsi dunque la sorpresa e il piacere di vedere sul palco non piú quelle maschere, ma personaggi vivi, che si vedevano ogni giorno: gli artigiani, i provinciali, e più i facchini di piazza col loro linguaggio, coi loro gesti, con le loro bestialità, i loro pettegolezzi, le loro baruffe, i loro piccoli intrighi! Un mondo nuovo!
E non eran mica del mestiere, gli attori; tutt'altro. Gente che di mattina attendeva ad altro ufficio, spesso in aperto dissidio con Talia: Giuseppe Marotta che era il capocomico, ed era un vero creatore di tipi, era portiere del giudice della Monarchia; Giuseppe Sarcì portiere dell’Imprese del Lotto; degli altri chi era operaio, chi sarto, chi povero azzeccagarbugli; e pure quanta verità, quanto sapore di arte spontanea in quei comici improvvisati!
Si capisce che la fortuna della Compagnia aveva acceso cupidigie ed emulazioni. Intorno al teatro del Marotta ne erano sorti degli altri; e altre compagnie si eran formate, ma invano: Marotta non ce n'era che uno, e don Biagio Perez, che era il poeta comico della Compagnia, non aveva competitori.
A questo teatro popolare si recava spesso Corrado, verso sera, quando era la stagione; e di solito lo diceva alla mamma, che talvolta lo accompagnava.
 
 
 
Luigi Natoli: Calvello il bastardo. Nell'unica versione originale riveduta e corretta dall'autore e pubblicata dalla casa editrice La Gutemberg nel 1913.
Pagine 880 - Prezzo di copertina € 25,00.
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