lunedì 12 febbraio 2018

Luigi Natoli: Il teatro dei Travaglini oggi teatro Bellini. Tratto da: Ferrazzano.


Era questo detto dei Travaglini o più modernamente dal nome del proprietario, di S. Lucia; dove recitavano le compagnie dei comici; e che poi rifatto, abbellito e prevalso il secondo nome, si adattò a teatro d’opera, rivaleggiando con quello più grande dei musici detto di S. Cecilia; finchè ingrandito prese il nome di Carolino; e fu il solo e glorioso teatro d’opera di Palermo, anche quando, mutato il regime, fu intitolato al nome imperituro di Bellini. Allora, nel 1775, era un piccolo teatro che di fuori non annunziava punto che nascondesse una sala da spettacoli. Una tettoia difendeva la porta sulla quale una tabella di legno portava dipinto lo scritto: “Teatro di Travaglini”; un corridoio senza luce, umido, con le pareti grommose, conduceva all’ingresso del teatro, in fondo a un breve spazio. Una sala capace di trecento persone e tre file di palchi; non vi erano poltrone, che allora non si usavano, ma sedie numerate; una grande lumiera pendeva dal soffitto. Di giorno bisognava abituarsi al buio per potersi movere e non inciampare in qualche sedia, ma di sera si illuminava e si vedeva bene la fioritura delle belle vesti e la bianchezza delle carni sull’addobbatura rosso cupo dei palchetti. L’illuminazione era a cera nella lumiera e nei trionfi dei palchetti, ad olio sul palcoscenico. Il quale era più tosto angusto; aveva in giro gli stanzini degli attori, piccoli e malmessi, alcuni, invece di porta, erano difesi da una tendina; gli uomini stavano da una parte in tre stanzini comuni, le donne in due, pochi stanzini erano privilegiati. L’attrezzatura si componeva di tre o quattro scene con le rispettive quinte; le scene erano arrotolate in alto e trattenute da corde che penzolavano da un lato.
In quel tempo vi agiva una compagnia condotta da un siciliano, che godeva grande opinione di buon attore, e recitava nelle parti di padre nobile: si chiamava Domenico Minniti, era nato per così dire in teatro, perché era figlio di comici. I suoi attori erano siciliani, ma il “Tiranno” e la moglie erano napoletani, Antonio Zardo e Giuliana Buzelle, che in arte recitava da Beatrice. Era quasi tutta una famiglia, chè fra loro erano imparentati: padri, madri e figli recitavano o prendevano parte della compagnia come attrezzisti o trovarobe. Ma Floristella no; era una trovatella o per essere più esatti, una figlia dell’arte trovata in un angolo della porta di casa di Ferrazzano una sera al ritorno dal teatro.
Si rappresentava il “Don Chisciotte”, commedia tutta da ridere, che era il melodramma di Apostolo Zeno ridotto a commedia non certe innovazioni dal Minniti. Molte scene si facevano a braccio, fra cui quelle del Minniti e quelle del Ferrazzano. I personaggi avevano subito anche loro delle trasformazioni, e in generale lo spirito della commedia era reso più allegro dell’originale. Il duca aveva preso un nome, si chiamava “Asdrubale”, ed era rappresentato da Antonio Zardo; la duchessa si chiamava “Doralinda” e la sosteneva una attrice, Anna Saverino, “Don Chisciotte” era il Minniti, “Sancio Panza” il Ferrazzano, “Rosaura” Giuliana Buzzelle, “Lauretta” Stefania Corona, “Don Alvaro” Vincenzo Migliocco, “Florindo” Nino Pollione, “Donna Filomena” Carmela Grassa.
 
 
 
Luigi Natoli: Ferrazzano. Nell'unica versione originale pubblicata a puntate in appendice al Giornale di Sicilia dal 30 ottobre 1932.
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