sabato 28 febbraio 2015

Luigi Natoli - Fioravante e Rizzeri: prefazione dell'autore pubblicata nel Giornale di Sicilia del 16 dicembre 1936


Fioravante e Rizzeri non è un romanzo postumo ed editato per la prima volta nel 1950, come fino ad oggi noto. E' stato pubblicato a puntate in appendice al Giornale di Sicilia dal 31 dicembre 1936, ed oggi pubblicato da I Buoni Cugini Editori in esatta copia alla versione originale; forse per il tema centrale del libro, l'opera dei pupi siciliani, particolarmente cara a Luigi Natoli, viene preceduto il 16 dicembre 1936 da una prefazione dello stesso autore, che di seguito riportiamo:
 
"Quanti hanno letto il magnifico libro dei “Reali di Francia”?

Il trovarlo sui muriccioli, stampato Dio sa come, o nelle case dei contadini e degli umili, che se ne fanno assidua lettura, disdegna le anime gentili di comprarlo o di guardarlo. Né si trova dai librai. Essi vi hanno bensì l’ultima “creazione” moderna, che è morta prima di nascere, ma che rechi la cantafera di una qualche signora, piuttosto un libro che ha novecento anni addosso, quanti ne ha la “Divina Commedia”.

Perché i “Reali di Francia”, nella  veste che lor diede Andrea da Barberino, rimontano al trecento, e sono citati fra i testi classici, e costituiscono per noi la nazionalizzazione della materia epica francese, che sarebbe per il nostro cantafavole italiano.

Che narrano i “Reali di Francia” infatti?

Narrano la storia come da Costantino imperatore romano derivasse per naturale discendenza tutti i principi illustri che governarono la Francia da quell’epoca fino a Carlo Magno, e con loro i valorosi che li accompagnarono e che ne furono il più bello ornamento. Orlando, che è il maggiore eroe, e diventò l’immagine del valore, della cortesia e della fede, che riassume il sentimento nazionale francese, nasce per i “Reali” in Italia, e in una grotta in Sutri, dove lo partorì Berta moglie di Milone conte di Anglante, e sorella di Carlo Magno, fuggendo l’ira di costui. Così egli è italiano non soltanto per discendenza, ma anche per nascita; italiano e cittadino romano. E l’orifiamma, la gloriosa insegna che si trasmette da re a re, e che evidentemente è il vessillo, in cui Costantino fece scrivere le famose parole “In hoc signo vinces”, e che forma il centro della storia, è pur esso italiano.

Fioravante e Rizzeri sono come Buovo d’Antona e come Orlando una parte dei “Reali”, e, come quelli, la più popolare. Non è il caso di investigare se Andrea da Barberino abbia attinto ad altri poemi, di cui era ricca la Marca Trivigiana e di cui si servivano i cantafavole nelle piazze; chi ha la pazienza di leggere lo studio che precede il “Fioravante”, nella Collezione dei testi di lingua, e gli studi sulla Epopea francese e sull’ “Orlando” di Pietro Raina, e i maggiori scrittori della storia letteraria d’Italia, può farlo; per noi il romanzo di Andrea da Barberino è tutto; noi non facciamo dell’erudizione; prendiamo quello che con tanta grazia e ingenuità narra lo scrittore toscano; e se di una cosa ci maravigliamo, è appunto che esso non sia letto oggi più dei romanzi gialli.

Io lo lessi giovanotto e ricordo che non potevo, se non difficilmente tralasciare la lettura; lo rilessi ora, e provai il medesimo diletto al racconto delle avventure subite e affrontate da Fioravante e da Rizzeri suo compagno e maestro, primo paladino di Francia e uomo senza macchia e senza paura. Comincia Fioravante con una monelleria, che lo spinge a lasciare il tetto paterno del re Fiorello; e di là si partono le sue avventure. Liberazione di giovanette, uccisione di nemici della fede, perdita di armatura rubatagli da un ladrone, prigioniero del re di Scondia, innamoramento con Drusolina, il suo valore come incognito e via via quello che gli succede da re, le persecuzioni di sua madre Biancadoro, che voleva dargli moglie, le avventure di Drusolina, che sola abbandonata, dà alla luce due gemelli, uno dei quali le viene rubato, e il duello dei due fratelli che non si conoscono, tutto ciò frammezzato di tanti episodi forma il romanzo, che spira un senso di giustizia e solleva gli animi nelle regioni del sogno. I nomi delle contrade non si sa dove trovarli, le distanze di parecchie migliaia di chilometri si percorrono in un tempo irrisorio, gli eserciti sono così innumerevoli da superare il numero degli abitanti delle città che li armano... Che importa? Siamo nelle sfere del sogno, nel quale ci piace navigare.

Qualche volta, passando per una stradetta, sopra una porta, vedo pendere un cartellone con dipinti in quadri alcuni episodi di quello che si rappresentava la sera nel teatro delle marionette; e vi leggevo i nomi di Fioravante e di Rizzeri. La storia di Andrea da Barberino si era rifugiata lì: Fioravante e Rizzeri erano tramutati in teste di legno, come tutti gli altri campioni del valore e della fede; ma anche in quelle vesti che destano in noi un sapore di cose nuove. In un quadro v’erano due guerrieri, che abbassavano le armi e un leone fra loro in atto di separarli; in un altro, una folla di popolo e una regina condotta al rogo: i cavalieri erano vestiti con le armature del cinquecento, con un salto di mille e duecento anni. Non importa nulla. Pel popolo abituato a quel teatro e pel puparo, ossia per l’ “oprante” tutte queste differenze sparivano nell’antico, in cui tutto accadeva senza distinzione di tempo, di luoghi, di costumi: ma l’onda di poesia che scaturiva anche da quelle piccole teste di legno era possente e riecheggiava nelle anime semplici degli spettatori.

Ora anche adesso questo giornale si ispira alle avventure di Fioravante, e lo riproduce attraverso un “oprante”; e intreccia l’antico con il moderno; e le avventure di Lillì fanno contrasto con quelle di Drusolina, e quell’onesto puparo sembra foggiato con l’anima dei suoi pupi. C’è riuscito? È quello che vedrà il lettore. Ma se non è immodestia dirlo, coloro che mi hanno seguito attraverso i diciotto o venti romanzi, da me pubblicati su questo giornale, sanno per prova che un certo interesse so trovarlo".

 

Maurus o Willam Galt

venerdì 27 febbraio 2015

Pensiero di Luigi Natoli

Ritrovare una vecchia amicizia, che ha una parte dei nostri ricordi, che possiede una parte della nostra vita, forse la più bella, che ci rievoca un passato dal quale scompaiono le amarezze e i tormenti, ovvero questi medesimi, si colorano di una dolce malinconia, d’una specie di rimpianto nostalgico; è un piacere, uno forse dei piaceri più soavi.
Luigi Natoli

giovedì 26 febbraio 2015

Luigi Natoli - Alla guerra! Booktrailer

Luigi Natoli - Alla guerra! Museo di Storia Patria a Palermo

Notare il nome di Clodomiro Natoli, figlio di Luigi, morto in guerra nel 1917.

Luigi Natoli: E ve ne sono altri artisti...

E ve ne sono altri artisti vissuti e morti nell’oscurità che valgono molto più di quelli riconosciuti ufficialmente come i più grandi, e ai quali la stupidità, l’ignoranza, il fastidio di cercare, di rifare il lavoro della critica, la tradizione, conservano il trono.
 
Luigi Natoli

Luigi Natoli - Alla guerra! La Croce Rossa...


"S’accostò al letto del ferito, gli sollevò con una mano il capo, con l’altra porse alle labbra riarse una tazza d’acqua… Poi gli acconciò le coperte; e ritornò al letto, e dopo essersi assicurata che il suo ufficiale dormiva, sedette di nuovo sullo sgabello, con le mani sul grembo, lo sguardo vagante sopra i letti, dove ogni tanto qualcuno si lamentava. Quanti ve n’erano!... E di là altre c’erano altre sale, e si intravedevano altri letti; e sopra, nel piano superiore ce n’erano ancora. Si sentivano dei passi andar su e giù; forse medici, infermieri; ogni tanto di fuori una voce impartiva ordini; si udiva un rotolare di carrette; un via vai frettoloso; poi qualche urlo di dolore; dei gemiti che levavano il cuore; frammezzati da improvvisi silenzi. A ogni aprir di porta entravano zaffate di odore d’acido fenico; e il vocìo si faceva più distinto e i gemiti più forti. Ella riconosceva la voce del capitano medico; e immaginava che medicasse altri. Forse estraeva altre palle. Improvvisamente i gemiti si mutavano in ululi di dolore che facevano rabbrividire. Si alzò e s’avvicinò alla porta; vide intorno al letto operatorio un gruppo di persone, che le nascondevano la vista del letto; uno dei chirurghi pareva intento a qualche cosa che Betty non poteva capire: vide però uno dei medici trascegliere di fra gli strumenti, una sega. Ella si sentì gelare il sangue, ma non si mosse; una curiosità folle la inchiodava lì, su la soglia, nell’aspettazione trepidante di qualche cosa orrenda. I suoi occhi spalancati erano costretti da una forza ineluttabile a seguire ogni gesto; i suoi orecchi a udire. Nessuno parlava. Solo, ogni tanto, qualche ordine breve, rapido, quasi sottovoce, ma il  ferito che stava in mezzo ai medici, e che Betty non vedeva, non taceva. Betty l’udiva: udiva un mugolìo disperato che non aveva nulla di umano, un rantolo che pareva squarciasse il petto; e si sentiva il cuore pieno di sgomento e di pietà. A un tratto vide una mano buttar in un canto, presso il tavolo degli strumenti, qualche cosa. Mandò un grido, chiudendo gli occhi; ma li riaprì subito e guardò. Era una gamba, una gamba umana, spezzata, sanguinante, nuda, col piede inerte, un piede tozzo, dalle dita ripiegate, come se un rabbrividimento li avesse contratti: una gamba divelta dal suo tronco, buttata là come una cosa inutile, come una cosa nociva; ed era carne umana…"
Disegni di Niccolò Pizzorno

Luigi Natoli - Alla guerra! L'incontro della morte con la fede di una piccola contadina belga.


" C’era ancora il cadavere del capitano, col suo profilo tagliente, coi baffi grigi quasi ispidi; disteso sul letto con le mani incrociate; ed era solo, chi poteva in quel momento vegliare un morto? Ella lo guardò con un misto di pietà, di ribrezzo, di cu-riosità. Sedette a un angolo della camera, sopra una seggiola bassa, e si mise a recitare le preghiere. Se ci fosse stata dell’acqua benedetta nella pila di porcellana appesa al capezzale del letto! Si alzò, guardò: c’era. Tolse allora la frondicella dell’ulivo bene-detto, che era infilata di traverso all’anello della piletta; ne immerse le foglie nell’acqua, e spruzzò il volto, le mani, la divisa del morto. E le parve di aver reso un pio e doveroso tributo verso di lui; le parve che il morto dovesse esserne lieto e grato. Ella se ne sentiva più sollevata; posò l’ulivo fra le mani del morto, e ritornò a sedere e a pregare.

Ah quell’ulivo, simbolo di pace e di concordia fra gli uomini, posto dalle mani inconsapevoli di una povera contadina, fra quelle di un ucciso nella tremenda guerra di sterminio, quale profondità di significati attingeva negli abissi del pensiero! La fede ingenua, la pietà umana, si confondevano con la più feroce e spietata ironia. Era il crollare rovinoso di tutte le teorie umanitarie e sentimentali dinanzi alla realtà inesorabile; ed era anche l’eterna aspirazione a una divina armonia; pareva una protesta contro la crudeltà belluina della guerra; il vaticinio o l’augurio che dalle terre bagnate di tanto sangue umano germogliasse l’albero della pace universale…"
Disegni di Niccolò Pizzorno.

Luigi Natoli: Alla guerra! Il sentimento patriottico dei civili francesi


"La guerra commoveva Parigi; ma non certo di paura. Pareva che gli ampi polmoni della città si allargassero in un respiro largo di soddisfazione e di gioia. Il sogno di quarantaquattro anni dunque si avverava? l’ora della rivincita era finalmente sonata? le mani misteriose della vendetta nazionale avevano mesciuto all’imperatore quel vino di follia, che lo gittava violentemente in quella impresa, da tanto tempo minacciata?

La rivincita!.... Tutta una generazione era morta col dolore di non averla veduta: un’altra generazione si era maturata quasi senza speranza di compierla; i giovani, educati a essa, la consideravano come qualcosa lontana, e forse irrealizzabile. E invece, eccola. La Francia si ridestava. Quei quarantaquattro anni parvero abolirsi di un colpo; gli uomini d’oggi si sentirono quelli di allora; l’offesa parve recente, di ieri. E non una, ma cento, mille offese si radunarono in una, grande, mostruosa, che domandava la vendetta imminente".
Disegni di Niccolò Pizzorno.

Luigi Natoli: Alla guerra!


Alla guerra!... Romanzo storico dello scrittore e storiografo Luigi Natoli, che nasce come romanzo di appendice a puntate sul Giornale di Sicilia (Palermo) in 204 puntate dal 19 ottobre 1914, e che dopo cento anni e in occasione del centenario della Prima Guerra Mondiale viene pubblicato per la prima volta in libro (ben 950 pagine)  da I Buoni Cugini Editori di Ivo Tiberio Ginevra, con le illustrazioni di Niccolò Pizzorno.
A differenza di tutti gli altri romanzi del grande scrittore siciliano, Alla guerra! è ambientato in Francia: la Francia del luglio 1914, invasa all'improvviso dal Kaiser Guglielmo II, che difende la libertà  con i giovani soldati che lasciano la loro vita per il proprio paese, e che mettono al di sopra di tutto il motto: "Più in alto delle nostre vite c’è la Francia e il nostro onore!...".

In questo grande romanzo, vengono descritti in modo quasi vissuto gli orrori della guerra, visti dagli occhi dei giovani soldati, dei civili e delle donne, spesso violate e uccise dai soldati tedeschi: "Nessun soldato aveva sofferto la più lieve punizione pei ladronecci, per gli incendi, per gli stupri, per gli assassini, per tutte le barbarie, per tutte le ferocie commesse, che disonoravano non solo la Germania ma l’uomo - Luigi Natoli". Le scene orribili, le stragi, vengono descritte con estrema poesia, in un linguaggio attuale più che mai; la morte, vissuta attimo per attimo, l'amore per la famiglia, per la madre lontana, "regnano" in tutto il romanzo. "Tramontava. Un tramonto triste, fosco nel quale le nebbie rosseggiavano, e qualche raggio di sole che rompeva le nubi, pareva uno zampillo di sangue. Il sangue della Francia che gemeva ancora sotto l'immane guerra - Luigi Natoli. 
Nel terribile quadro della prima guerra mondiale, dipinto da Luigi Natoli, vivono i protagonisti della storia: Guy e Bianca Vandois, fratelli, il professore Benoist e il suo cinico amico dal cuore d'oro Michaud: "Appunto, madamigella, le più grandi consolazioni che m'ha dato la famiglia sono state queste, di non averla avuta mai!", il tedesco Fritz Wherther; intorno a loro la sofferenza e la morte dei tanti giovani che per la Francia sacrificarono la loro vita.

Il romanzo inizia con una marcia notturna:  

"La pattuglia precedeva di circa cento metri la compagnia d’avanguardia della colonna uscita da Givet; aveva oltrepassato Notre Dame, valicato l’Huille e percorreva lo stradale, diretta a Rochefort. Era una notte senza stelle. Le nubi coprivano il cielo; nubi grigie, quasi nere, pesanti, dalle quali ogni tanto qualche goccia cadeva sul volto dei soldati. Per un pezzo marciarono in silenzio, coi fucili capovolti, infilati al braccio per la cinghia, o tenuti su la spalla per la canna. Di tanto in tanto bisbigliavano fra loro. Quando furon lontani dalle case, uno di essi cominciò a canticchiare qualche aria popolare del suo paese nativo; un dolce e tenero sospiro d’amore; forse eco inconsapevole di memorie e ricordi, che gli si ridestavano e affollavano nell’anima vagante verso una casa lontana, fra un gruppo di olmi e di ontani, in una campagna verde e soleggiata. E intanto i piedi andavano al ritmo del passo, appesantito dallo zaino ricolmo, per una strada ignota."
Ma descrive con estrema nitidezza dalla quale traspare la commozione dell'autore, vari momenti vissuti dai soldati francesi e dalle loro famiglie, come la partenza per la guerra dalla stazione di Parigi: "Erano sicuri tutti di ritornare; andavano alla guerra, per prepararsi a quelle noz-ze con l’immaginaria Coletta: ma forse ognuno aveva la sua Coletta nel villaggio nativo, o al sesto piano del grande casamento del sobborgo; se non che tutte diventavano un’amante sola, che non piangeva, poiché s’andava a combattere contro i tedeschi, per la terra di Francia. A ogni strofa, seguiva uno scoppio di evviva, di urla, di risa, di motti, che pareva lo scatenarsi di una gioconda tempesta; e sopraffaceva, stordiva le anime dolenti; talvolta grida, risa, canti confondendosi, empivano la tettoia, mescolandosi al soffio delle macchine sotto pressione. Al segno della partenza gli addii si moltiplicarono; le mani stese dagli sportelli strinsero le mani che si porgevano dal marciapiede; alcuni si aggrappavano sui predellini per dare un ultimo bacio o un’ultima raccomandazione; delle mani commosse inviavano e si scambiavano baci, sventolavano fazzoletti; poi mentre il treno si muoveva lentamente, una voce vincendo la commozione gridò:
Viva la Francia!"
 

 

 
 
 
 
 
 








 
 



 

Luigi Natoli


"Diffondere i nostri romanzi vuol dire fare opera da vero Siciliano, perché tutti devono conoscere la Sicilia, devono conoscere la storia e devono sapere che non esistono solo uomini di mafia e di prepotenza; ma anche uomini di cuore che sanno sacrificarsi e proteggere i deboli". - La Gutemberg anno 1925.  E con orgoglio da editori siciliani ribadiamo questo concetto, pubblicando tutte le opere del grande Luigi Natoli alias William Galt in una collana a lui dedicata.

Luigi Natoli: Le opere

1907 - Calvello il bastardo - grande romanzo storico siciliano, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1907 e con la casa Editrice La Gutemberg nel 1930 riveduto e corretto dall'autore.
1908 - I Cavalieri della Stella - romanzo storico siciliano, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1908.
1909 - I Beati Paoli ovvero i Misteri dei sotterranei di Palermo - grande romanzo storico siciliano, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1909/1910, con la casa Editrice La Gutemberg nel 1931.
1910 - Il Paggio della regina Bianca - romanzo storico, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1910 e con la casa Editrice La Gutemberg nel 1921.
1911 - Il Vespro Siciliano - grande romanzo storico, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1911 e con la casa Editrice La Gutemberg nel 1915, rifatto, aggiunto e ampliato dall'autore.
1911 - Gli Ultimi Saraceni - romanzo storico siciliano, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1911/1912.
1913 - La principessa ladra - romanzo storico siciliano, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1913 e con la casa Editrice La Gutemberg nel 1930.
1914 - Cagliostro e le sue avventure - romanzo storico, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1914 e con la casa Editrice La Gutemberg nel 1930.
1914 - Alla guerra! - romanzo storico contemporaneo, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1914/1915.
1914 - Coriolano della Floresta – seguito ai Beati Paoli, pubblicato con la casa Editrice La Gutemberg nel 1914.
1920 - La dama tragica - romanzo storico siciliano, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1920/1921 e con la casa Editrice La Gutemberg nel 1930.
1921 - Latini e catalani vol I - Mastro Bertuchello - romanzo storico siciliano, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1921 e con la casa Editrice La Gutemberg nel 1925.
1922 - Latini e catalani vol. II - Il Tesoro dei Ventimiglia - romanzo storico siciliano, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1922 e con la casa Editrice La Gutemberg nel 1925.
1923 - Fra Diego La Matina – romanzo storico siciliano, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1923 e con la casa Editrice La Gutemberg nel 1924.
1924 - Squarcialupo – romanzo storico siciliano, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1924.
1925 - Viva l’Imperatore – romanzo storico siciliano, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1925.
1926 - I mille e un duelli del bel Torralba – pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1926.
1927 - La vecchia dell'aceto - pubblicato in appendice al Giornale di Sicilia nel 1926,  nel 1951 dalla casa editrice La Madonnina e nel 2004 dalla casa editrice Flaccovio.
1929 - L’abate Meli – romanzo storico siciliano, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1929.
1930 - Braccio di Ferro Avventure di un carbonaro – romanzo storico siciliano, pubblicato con la casa Editrice La Gutemberg nel 1930.
1931 - I morti tornano... – pubblicato sul Giornale di Sicilia nel 1931.
1932 - Gli Schiavi – romanzo storico, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1932 e con la casa Editrice Sonzogno nel 1936.
1932 - Ferrazzano – romanzo storico siciliano, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1932/1933.
1936 - Fioravante e Rizzeri – pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1936/1937.
1938 - Il Capitan Terrore – romanzo storico siciliano, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1938.
Nelle biografie ufficiali di Luigi Natoli vengono riportati i seguenti romanzi:
Chi l’uccise? – breve romanzo storico siciliano, di cui noi al momento non abbiamo trovato traccia sul Giornale di Sicilia o presso altri editori. Ci risulta pubblicato dopo la morte dello scrittore dalla casa editrice La Madonnina nel 1951.
Rosso l’avventuriero – romanzo di cui al momento non abbiamo trovato nulla, né sul Giornale di Sicilia né altrove, ivi comprese le “pubblicazioni postume” della casa editrice La Madonnina.
Per realizzare la migliore possibile ricostruzione dei romanzi di Luigi Natoli, noi editori siamo ben felici di accogliere le vostre segnalazioni inerenti pubblicazioni, opere, e vita dello scrittore, con espressa esclusione di tutto quello editato dalla casa editrice La Madonnina.

Così Luigi Natoli viene presentato dalla casa editrice La Gutemberg nel 1930

Di lui l'Editore palermitano La Gutemberg nel 1930 scriveva:
"Oramai è vano mantenere il segreto su questo nome esotico, sotto il quale si è compiaciuto celarsi uno degli ingegni più vigorosi che onorano la Sicilia.
Quando sulle colonne del Giornale di Sicilia apparve una biografia di questo preteso inglese, con un elenco di opere... che non esistono; nessuno sospettò che si trattasse di una burla, e che uno scrittore inglese di questo nome non esisteva che nella immaginazione di chi l'aveva creato. Ma dopo le prime dieci puntate di Calvello gli uomini colti, capirono che il romanzo non poteva essere di un inglese; e che la conoscenza della storia, del costume, della topografia di palermo nel 700, della vita e dell'anima siciliana in quel tempo, era così profonda, che l'autore, per quanto camuffato da suddito di S.M. britannica, non poteva essere che siciliano.
E a poco a poco; crescendo l'ammirazione pel romanzo, si venne a questa conclusione, che di uomini i quali conoscessero così profondamente le cose siciliane non ve ne erano che due: Giuseppe Pitrè e Luigi Natoli; e che, trattandosi di un lavoro di fantasia, e non di erudizione e di scienza, William Galt non poteva essere che Maurus o Luigi Natoli.
Perchè egli abbia voluto incarnarsi in un personaggio esotico, non sappiamo. Non si domanda a uno scrittore perchè abbia assunto questo o quell'altro pseudonimo; talvolta si può indovinare. Forse, William Galt ha voluto godersi da incognito lo spettacolo del grande successo del suo romanzo. Il quale egli scrisse per una prova e per una dimostrazione.
Volle dimostrare che l'ingegno italiano può, se vuole, sostenere vittoriosamente il confronto con quello straniero in un genere di letteratura che i sopracciò dell'arte guardano spesso con ingiustificata diffidenza; e che si può scrivere un romanzo di appendice, interessante per intreccio di avvenimenti, e anche per situazioni drammatiche di effetto, che nel tempo stesso sia opera d'arte.
Opera d'arte nella creazione dei caratteri umani, reali, determinati, varii, opera d'arte nel dialogo; nella descrizione efficace e pittorica; nella rappresentazione viva, evidente, maravigliosa; opera d'arte nella forma; in quel giusto senso di misura, che è pur difficile mantenere in una tela vasta e varia.
E William Galt è riuscito: ha superato la prova. Tanti romanzi già sono usciti dalla sua penna; e basterebbe soltanto uno di essi per la fama dello scrittore. Confronti non se ne fanno, ma dinanzi a quei pasticci, che sono una offesa alla storia, al buon senso, all'arte; a quelle rifritture dei romanzi di A. Dumas, che escono dalla cucina di M. Zevaco, e dei quali pure non si vergognano di imbandire piatti indigesti al pubblico nostro editori e giornali, abbiamo il diritto di affermare la incomparabile superiorità del nostro William Galt.
William Galt o Maurus, come piacerà meglio ai lettori di chiamarlo, da ventidue anni collaboratore ricercato del Giornale di Sicilia, nacque in Palermo nel 1857; da ragazzo rilevò le sue attitudini: a quattordici anni scrisse un romanzo; a sedici anni verseggiava; a diciotto cominciò a scrivere sui giornali. Non ebbe veramente maestri; ma egli ricorda con devoto affetto il suo maestro di quarta classe, Nicolò De Benedetto (morto giovane e pazzo) che indovinò nel piccolo allievo le attitudini a scrivere, e lo incoraggiò e gli perdonò le monellerie; e il professore di ginnasio p. Ramirez, che, leggendo in pubblico i componimenti dell'alunno, gli diceva: - Spero di vivere tanto da leggere le cose vostre stampate.
Queste parole furono lo sprone che spinse il giovane nella carriera delle lettere. D'allora la sua vocazione fu ben chiara e determinata. Abbandonò le scuole, dove il suo ingegno non poteva costringersi al formalismo pedantesco; ma studiò da sè, gagliardamente, i classici latini e italiani, studiò filologia (conserva ancor manoscritta una grammatica storica del dialetto siciliano) studiò filosofia, volle anche formarsi una cultura scientifica. Ma più si appassionò della letteratura e della storia siciliana; e della sua profonda e sicura conoscenza in questo ramo di studi, non vi è chi non gli renda giustizia.
Uomo di svariata e vasta cultura, di ingegno versatile, autore di un gran numero di libri per le scuole pregevolissimi; di una infinità di articoli, di novelle, di storie e leggende saporitissime, di poesie ammirate, di monografie storiche e letterarie, importanti e citati dagli studiosi come fonti; conferenziere caro e applaudito; commediografo, lavoratore instancabile, scrittore sempre elegante ed efficace e personale, conserva sempre la stessa freschezza giovanile, e si rivela sempre con aspetti nuovi.
I suoi romanzi storici sono lo specchio delle sue doti: in essi vi è fantasia mobile e varia del poeta, l'osservazione dello psicologo, l'erudizione dello storico e la potenza efficace dello scrittore. Ecco perchè piacciono e piaceranno!
Gli Editori"
 

Chi è Luigi Natoli?

Luigi Natoli, scrittore e storiografo siciliano, nasce a Palermo il 14 aprile 1857. Visse da piccolo una "disavventura politica", poiché la madre alla notizia dell'arrivo di Garibaldi, malgrado il marito fosse Segretario del Supremo tribunale della Monarchia borbonica, fa indossare ai figli le camicie rosse. La famiglia viene arrestata e i loro beni confiscati. La loro vita dalla fame è salva grazie al caritatevole intervento di un secondino, che nascostamente portava loro da mangiare; e quando Natoli parlava di questo dramma della sua vita, soleva dire "Sono stato salvato da un piatto di fagioli".

Non seguì corsi di studi regolari, ma fu un autodidatta. Da ragazzo rivelò subito le sue attitudini: a quattordici anni scrisse il suo primo romanzo storico dal titolo Giulio Federici, a diciotto iniziò a collaborare con il Giornale di Sicilia. Il romanzo storico sarà il tema centrale di tutta la sua produzione: attraverso la vasta pubblicazione di circa venticinque romanzi in appendice al Giornale di Sicilia ed alcuni ripubblicati dall'autore stesso con la casa editrice La Gutemberg, egli illustra in modo dettagliato e preciso la Storia della Sicilia. Tema comune in tutti i suoi romanzi è la lotta e il sacrificio del popolo siciliano per la libertà, a partire dal romanzo storico "Gli Schiavi", in cui si narra la lotta degli schiavi nella seconda guerra servile contro il dominio di Roma, fino ai temi risorgimentali di Braccio di Ferro avventure di un carbonaro, in cui attraverso il protagonista, Tullio Spada, il lettore può vivere la storia della carboneria e le lotte dei carbonari per la libertà in tutta Italia, da Palermo a Torino.
Ma Luigi Natoli non fu solo un romanziere: la sua carriera lavorativa iniziò come maestro elementare, e a ventitré anni fu abilitato all'insegnamento della lingua italiana nei ginnasi. A ventiquattro divenne rettore alla Scuola tecnica comunale di Partinico. Nel 1886 si trasferì a Roma, dove visse per due anni e dove fu redattore del giornale Capitan Fracassa e strinse una fraterna amicizia con Mario Rapisardi. Nel 1888 si classificò fra i primi al concorso come professore di lettere, e con tale qualifica ritornò a Palermo, dove insegnò al liceo Garibaldi per sei anni. In tale periodo nasce la sua grande amicizia con Giuseppe Pitrè, con cui traccia le fondamenta della creazione del famoso Museo Etnografico, fondato nel 1909. E sempre in questo periodo sono notevoli i suoi rapporti con Girolamo Ragusa Moleti, Luigi Capuana, Giuseppe Pipitone Federico, Pietro Mignosi, e molti altri. Nel 1898 si trasferisce a Nuoro, dove dirige la scuola normale, e nel 1900 viene trasferito a Pinerolo. Nel 1901 dirige la Scuola Normale maschile di Napoli per sei anni, successivamente dirige quella di Cagliari, di Lacedonia (Av), di Manfredonia e di Foggia. Siamo nel 1922.
 
Fu sposato due volte: dalla prima moglie, Emma, ebbe tre figli, Giuseppe, Domenico ed Aurelio. Dopo la morte di Emma, Luigi Natoli si risposa con Teresa Ferretti, dalla quale ha otto figli: Clodomiro, Romualdo, Marcello, Edgardo, Maria, Lidia, Hedda e Rosetta. Durante la prima guerra mondiale egli perde il figlio Clodomiro, ed egli esprime tutto il suo dolore per il drammatico avvenimento in un piccolo volume, Ricordi di Clodomiro mio figlio.
Luigi Natoli non fu solo scrittore di romanzi cosiddetti popolari: sempre sulla storia della Sicilia scriverà nel 1935 un ampio e dettagliato volume, in cui viene esposta la storia siciliana dalla preistoria al fascismo, pubblicato dalla casa editrice Ciuni. Scrive anche diversi volumi di poesie, opere teatrali, testi di critica letteraria e volumi di storia. Scrive inoltre una notevole mole di saggi, articoli di carattere storico e di critica letteraria, di storia dell'arte, di storie e leggende, quasi sempre pubblicati sul Giornale di Sicilia con lo pseudonimo di Maurus.
Scrive anche nel 1891 una Guida di Palermo e dintorni pubblicata dall'editore Clausen e circa quarantotto volumi per le scuole, diffusi in tutta Italia.
Muore a Palermo il 25 marzo 1941.