martedì 17 ottobre 2017

Luigi Natoli: Le idee politiche di Giovanni Castaldi. Tratto da: I morti tornano...


- Quel “picciotto” vuol darci qualche altro boccone amaro! – disse don Giuseppe, dopo che Giovanni se ne fu andato: e si sprofondò nell’ampio seggiolone di cuoio nero, presso la tavola, dal quale non appariva che il volto scialbo e diafano incorniciato dalle barbette grigie, e le mani bianche, nodose, con le vene gonfie, appoggiate sui braccioli.
Per lui tutti i figli erano “picciotti”, anche se ammogliati, ma Giovanni, che gli era, quasi, rimasto in casa (abitava un quartierino contiguo, ma soltanto la notte: il giorno lo passava lui e Rosalia, nella casa paterna), Giovanni era più “picciotto” degli altri, forse perché lo giudicava ancora un po’ sventato. I bocconi amari, ai quali don Giuseppe alludeva, erano stati due, ma il primo, una vera sventatezza. Giovanni aveva tredici anni nel 1822. Aveva saputo che in un pomeriggio di gennaio s’avevano a fucilare nove cittadini, condannati per carboneria e cospirazione: e invece di andarsene all’Oratorio era corso a vedere quell’orrore. Ne era tornato con la febbre, e ne aveva avuto per più giorni. Don Giuseppe era andato in collera:
- Ben gli stia! Gli servirà per lezione per l’avvenire.
La lezione aveva avuto l’effetto contrario di quello previsto da don Giuseppe; perché da quel giorno, la visione di quei nove disgraziati  uccisi barbaramente, e fra essi un giovane ancora imberbe, del quale si recitavano dei sonetti, avevano acceso nell’animo di Giovanni odio contro i Borboni. Con gli anni l’odio si era fortificato: la storia greca e la romana gli avevano circondato di gloria Armodio e Bruto; e all’Università, conosciuti Dante e Alfieri, gli si erano dischiusi orizzonti più vasti. Ed era entrato nella Carboneria, affiliatovi da un compagno, Andrea Pardo, col quale aveva stretto vincoli di fraterna amicizia. Don Giuseppe, non aveva né avrebbe mai sospettato che un suo figlio potesse essere intinto di quella pece. Se ne accorse sbalordito, anzi atterrito, quando Giovanni, accusato di scienza e di connivenza con l’infelice tentativo carbonaro del 1831, (4) fu arrestato. Questa don Giuseppe non l’aveva potuto giudicare una sventatezza da ragazzo. Era un delitto. E ne aveva preso una malattia. E c’era voluta la buona reputazione di fedeltà e di devozione al Re, che egli godeva nel Ministero, le sue relazioni, l’intervento dei signori della prima nobiltà, per sottrarre Giovanni a una condanna. 
Nessuno toglieva dalla testa a don Giuseppe che l’Università gli aveva sviato il figlio. C’era qualche professore bacato da certe idee...; e facevan leggere troppi libri! Il buon uomo si rammaricava qualche volta d’aver ceduto alle insistenze di sua madre, che voleva un uomo di legge in famiglia. 
- In casa nostra – diceva la nonna Angelina – sono stati sempre avvocati: tu non hai voluto continuare la tradizione: che almeno la riprenda uno dei tuoi figli. 
Sì, stava bene: sarebbe forse stato meglio avviarci Nenè o Leopoldo, che erano più tranquilli. Ma avevano l’ingegno di Giovanni? E per riuscire ci vuole ingegno. Un avvocato senza ingegno va a finire “paglietta”. Giovanni, invece... E poi se non voleva esercitare l’avvocatura, poteva diventar magistrato, la toga era mezza nobiltà. Aveva quelle ideacce? Sarebbero passate con gli anni. I giovani hanno sempre qualche grillo: e se Leopoldo e Nenè non ne avevano avuti, e non ne aveva avuti neppure lui, don Giuseppe, non era una ragione che non dovesse averne Giovanni. Quel che importava era che Giovanni diventasse un bravo avvocato. Così donna Angelina aveva vinto. 
- E poi – aggiungeva – lascialo sposare, e vedrai che i grilli gli passeranno. 
Qualche anno dopo la laurea, infatti, Giovanni prese moglie. E pareva che non pensasse ad altro che alla professione; ma eccoti il colera a ridestare le antiche apprensioni di don Giuseppe, rinnovare le querimonie contro l’Università; e renderlo stizzoso per la paura. Che bisogno c’era di parlare male del Governo? di tirarsi addosso la polizia? Un processo? E poi, che c’entra il Governo col colera?
- Eh? Che cosa c’entra? O non lo hai sentito che è stato proprio il Governo a far togliere il cordone e ordinare che si desse pratica alle navi di Napoli?...Va, va! bisogna esser ciechi: Giovanni ha ragione...


Luigi Natoli: I morti tornano... 
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I morti tornano... è incluso nella Trilogia dei Romanzi di Luigi Natoli sul risorgimento siciliano, che comprende anche Braccio di Ferro avventure di un carbonaro (1820) e Chi l'uccise? (1848) 
Pagine 880 - Prezzo di copertina € 24,00 - Sconto del 20% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 

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