martedì 18 luglio 2017

Luigi Natoli: Lorenza Feliciani. Tratto da: Cagliostro e le sue avventure.


Non era molto alta; ma di taglia ben fatta e aggraziata; bianca di carna­gione, coi capelli biondi e due grandi occhi azzurri, una bocca piccola e ver­miglia. Lo sparato del collo, lasciava ve­dere fra le trine del fisciù un seno ro­tondetto e fermo, che di bianchezza vinceva le trine stesse. Le sue mani piccole, carnose, avevan le dita lun­ghe, affusolate, come quelle di una statua. Ma quel che più incantava era il suo sorriso, nel quale l’ingenuità e una innocente furberia si confonde­vano insieme; era il suo sguardo or profondo e pensoso, ora pieno di dol­cezza, ora umido, tenero, errante die­tro i sogni; ma sempre penetrante ed eloquente, come i grandi occhi neri della donna di Sicilia.
Io avrei potuto invitare come testimonio alle nozze il marchese Alliata e il barone di Brettenil; ma l’idea di veder in propria casa quei signori spaventò talmente la sora Pasqua, che ne abbandonai l’idea, e mi rivolsi al vicecurato don Arciera e a un altro siciliano, mio buon amico, un certo Giuseppe Cazzola; e alla loro presenza il 20 aprile del 1768, nella parrocchia del S. Salvatore in Campo, sposai la mia Lorenza.
Lorenza aveva un cuore sensibile e, non ostante fosse bionda, il sangue ardente: libera da ogni soggezione, e sentendosi anzi obbligata per sagramento ad amarmi, ella mi prodigava le più tenere carezze. Lorenza, forse per l’amore che mi portava, e per l’ascendente che io avevo preso sopra di lei, mi secondava; io mi ac­corsi che ella aveva una natura facil­mente educabile; e che, fine d’aspetto come era, avrebbe potuto facilmente prender l’aria di una signora. Aveva poi una bella memoria e imparava fa­cilmente.
Io approfittai di queste sue buone disposizioni per educarla.
Ella era vissuta sempre accanto alla gonna della madre fra la casa, la botte­ga e la chiesa. Qualche domenica il sor Giuseppe la conduceva in una osteria dei dintorni, fuori porta S. Paolo o fuo­ri porta S. Giovanni; e la notte di S. Pietro a veder la girandola.
Questo era tutto il mondo che essa conosceva.
Era stata allevata troppo religiosa­mente e fra troppe pratiche divote, per aver l’idea di una vita più mondana; ed aveva portato sempre vesti popolari, che ricevevano grazia soltanto dalla sua persona, per non sentirsi impacciata nell’abbigliamento signorile che io le imponevo, per la sua condizione.
Lorenza non era capace di sentire grandi passioni; il suo cuore era leggero e vano, amava di piacere, ma non vi si attaccava. Dopo esser convissuta in intimità con l’Alliata, non aveva provato alcun dolore nel di­staccarsene improvvisamente. Le sue simpatie a fior di pelle; non le penetra­vano nel sangue. Ciò le permetteva di godere della vita ciò che la vita poteva darle, senza logorarsi l’anima fra le ansie, le smanie di una passione. Se dunque secondava il marchese Fonta­nazzo, gli era per vanità, e perché ne aveva dei vantaggi.
Sebbene bionda, e sotto il suo aspetto grazioso, gentile, casto, Lorenza aveva un cuore avido di piacere e un sangue ardente di voluttà.


Luigi Natoli: Cagliostro e le sue avventure.
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