martedì 4 aprile 2017

Luigi Natoli: L'Abate Meli, romanzo storico siciliano


Don Giovanni Meli, se ne stava nel suo studio mode­stamente arredato, scartabellando un volume di medicina per una consulta che doveva fare. Era medico.
In quel tempo abitava una casa die­tro il coro della Chiesa dell'Olivella, casa modesta, dove erano vissuti suo padre, sua madre, due zie che erano morti, e l'avevano lasciato con due fra­telli, Stefano e Tommaso che si era fat­to frate nei domenicani e una sorella pazza.
Giovanni era il dotto della fami­glia, e il suo nome era famoso in tut­ta la Sicilia, come quello di un gran poeta.
Era un uomo di circa 50 anni, di statura media, bruno di volto, coi ca­pelli quasi neri, con parecchi fili d'ar­gento tirati indietro e legati con un na­stro, gli occhi nerissimi, vivaci; un'aria modesta, non curante di sè, ma pulita. Vestiva di nero, alla guisa degli abati ed infatti lo chiamavano «l'abate Me­li». Ma non lo era, anzi non era nep­
pure chierico, nè aveva i quattro ordi­ni e la tonsura, che prese l'ultimo an­no di sua vita per ottenere l'abazia che non ottenne. Era semplicemente il «dottor Meli», e si vestiva da abate per avere libero accesso nei monasteri, do­ve non si entrava, se non si appartene­va alla Chiesa, in un modo qualunque.
Di tanto in tanto in quella che scar­tabellava, guardava, pensando, nella parete, di contro, ove era una libreria con pochi volumi di medicina e molti di letteratura.
In quegli sguardi forse c'era un pen­siero medico, per la consulta che dove­va farsi, o piuttosto c'era un'immagine poetica che egli perseguiva, e che si frammezzava alla medicina?
Era già il celebre poeta che le dame si disputavano; ed egli non solo frequentava volentieri le riunioni, dove il gusto, la finezza, la si­gnorilità, davano esca alle sue odicine, che lo avevano fatto battezzare «il nuo­vo Anacreonte», ma accoglieva, forse in armonia col passato, gl'inviti della baro­nessa, più per abito che per curiosità. Ora attraversava le sale, osservando, aguzzando l'ingegno, sorridendo, con quella faccia serena, che le sventure del­la vita non osavano intaccare. Egli era conosciutissimo, passando, udiva parla­re di sè: – Abate Meli! – di qua e di là; la voce pubblica lo teneva per abate, ed egli non se ne faceva.
Vestito di nero, con l'aria di Abate, faceva un forte contrasto con la varie­tà dei colori vaghissimi. Pareva un ca­labrone in mezzo ai fiori; ma se parla­va, la giocondità che spandeva, riman­giava il paragone. Quella sera, in veri­tà non era di buon umore, la confiden­za di fra Francesco e la ricerca di quel nipote a cui doveva dare il plico del frate; e poi la morte di questo, l'aveva­no occupato per mezza giornata. La se­ra la preoccupazione era cessata, ma era rimasta quella tale melanconia in­definita, lasciatagli come retaggio.
 
 

 
Luigi Natoli: L'Abate Meli.
Pagine 725 - Prezzo di copertina € 25,00 - Sconto 20% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it
Il volume comprende:
L'abate Meli - Romanzo
Giovanni Meli, studio critico - pubblicato per la prima ed unica volta nel 1883
Musa siciliana (nella parte dedicata alle poesie di Giovanni Meli) con traduzione del testo in italiano a fronte a cura di Francesco Zaffuto.
Disponibile in tutti i siti di vendita online e a Palermo presso le librerie indicate nel sito.

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