giovedì 19 gennaio 2017

Luigi Natoli: La battaglia di Auvelais.. - Tratto da: Alla guerra!


Entrarono in Auvelais.
Ah la povera gente, il giorno innanzi così tranquilla tra le due sponde della Sambra, coi suoi quartieri alti a sinistra, il suo ponte, con le sue officine dagli alti camini, segno del lavoro pacifico che supera i confini delle razze! Quale spettacolo di devastazione!... Il combattimento vi infieriva con tutti i suoi orrori. Le truppe francesi vi si difendevano accanitamente; resistendo alle forze tedesche che soverchiavano da ogni parte.
Sul ponte, sulla strada maestra i cannoni e le mitragliatrici fulminavano con una rabbia forsennata, e spazzavano la via dalle case, dalle officine, trasformate in fortezze, in trincee, dalle barricate costruite in fretta, i fantaccini seminavano la morte tra le file dei tedeschi, che tentavano forzare il passo. Ma i tedeschi avevano messo in azione i loro obici pesanti. Qualcuno era già caduto, aveva sfondato il tetto di qualche casa, scoppiando con un tremendo fragore; rovinando, e incendiando. No. Non si era sicuri ad Auvelais. Molti, raccogliendo quel che potevano, abbandonavano le case e si avviavano per la strada di Esau e Chatelet, per ricoverare a Charleroi, dove si credevano sicuri: erano donne, bambini, vecchi, curvi sotto fardelli; coi grembiuli pieni e sorretti dalle braccia larghe e tenaci. Qualche bimbetto trasportava il suo tesoro; un pulcinella o un cavalluccio di legno; un vecchio aveva posto ogni sua ricchezza in una valigia, e la trasportava in una carrozzella da bimbi; era la carrozzella dove aveva portato a spasso la sua nipotina, or morta da qualche mese; l’aveva serbata per memoria, ora se ne serviva per portar via la sua roba; una fanciulla non recava fra le mani che un testo di garofani e una gabbia con un canarino; erano i suoi amori…
Da ogni strada venivano fuggiaschi, s’univano con gli altri, si guardavano scuotendo il capo con una espressione di profondo dolore, senza dir nulla. Che potevan dire? Avevan tutti lo stesso pensiero, la stessa angoscia. Qualcuno piangeva: ma i più avevano gli occhi aridi; il cervello intontito dal fragore incessante delle artiglierie, dagli scoppi degli obici, dal rovinio delle case. A un tratto si tiravan da parte. Un cacciatore a cavallo passava di galoppo, come un guizzo. Dove andava? perché?.... Ovvero due soldati dell’ambulanza portavano un ferito in una barella, o in una carretta. Quanti feriti! quanti! venivano dalle linee del fuoco. Alcuni gemevano fieramente, o con piccoli singulti; altri non davan segno di vita. Accanto a qualche barella, si vedeva un soldato, con la stola e il cappello da prete. Un “richiamato” che lasciava il fucile per compiere il suo ministero religioso di curato.
E intanto a ogni passo masserizie per terra, frammenti di stoviglie e di vetri infranti, macerie; qua e là porte spalancate; dei gatti fuggiaschi disorientati, fuggenti, col pelo arruffato, gli occhi chiari e sbarrati.
Bisognava affrettarsi a uscire da Auvelais, intanto che le truppe si battevano. Lungo la strada era una processione di feriti e di fuggiaschi; uno spettacolo miserando, di bende insanguinate, di braccia sospese al collo, di barelle scoperte, nelle quali i feriti gemevano; di vecchi che andavan curvi, dolorandosi a ogni passo; di povere donne che parevano impazzite dal dolore e dallo spavento.
Lo stradale che menava a Chatelet, correva quasi parallelamente alla Sambra, fra poggi di scorie ferrigne e colline boschive; qua e là era ombreggiato da filari di olmi, che spandevano un po’ d’ombra, piccoli intervalli refrigeranti, sparsi nella strada saettata dal sole meridiano; sotto i quali si riposavano un istante i più stanchi, posando i fardelli sui muriccioli o sotto gli alberi; e seguendo con occhi attoniti e sgomenti il passaggio di quelli che sopravvenivano, nella miseria angosciosa dei quali vedevano la propria. 
Ma la guerra li costringeva a lasciare anche quei brevi riposi: le cannonate si avvicinavano; qualche cannonata fendeva le cime degli alberi, scoppiava oltre i margini della strada. Bisognava guadagnar presto Chatelet, ove si diceva che fossero i francesi.
Le cannonate rombavano sempre più forti una dopo l’altra, senza interruzione; e le fucilate parevano corse di carri fragorosi sopra ciottoli appuntiti: per le fronde passavano ogni tanto dei fremiti, o dei fruscii violenti come se anche gli alberi fossero percossi dai brividi della paura che urlava nell’aria.
 
 
Luigi Natoli: Alla guerra!
Il romanzo di Luigi Natoli ambientato nella Francia del 1914, agli inizi della prima guerra mondiale.
Pagine 954 - Prezzo di copertina € 31,00 - Sconto 15%
Nella foto: il monumento ai caduti ad Auvelais.
 
 

1 commento:

  1. Ciao Ivo,
    ho finito di leggere fa Alla guerra!
    Ti ringrazio per avermelo consigliato. Davvero un' opera unica nella produzione di Natoli, e non solo per l'ambientazione "anomala" (fuori dalla Sicilia e in epoca contemporanea), ma per l'intimo sentimento che la pervade. Qui il sapiente intreccio narrativo, in cui Natoli è maestro, si stempera in quella che mi pare una partecipe, accorata riflessione sull'irrazionalità e l'orrore della guerra; sulle difficoltà di comprensione tra gli uomini; sull'irrisolvibile inconciliabilità tra le ragioni della propria etica (quelle di Benoist, di Bianca, di Michaud, dello stesso Fritz) e quelle dei sentimenti. E se il lieto fine apre alla speranza, necessaria al vivere, di un futuro in cui ricomporre gli equilibri interiori spezzati dalle atrocità del conflitto, resta sullo sfondo un dolente disincanto di fronte alla sconfortante realtà del presente (e di ogni "presente").
    Certo, alcuni aspetti appaiono più deboli e meno convincenti (su tutti lo stereotipo dei soldati tedeschi tutti indistintamente votati ad una brutalità ripugnante, opposti a quelli francesi tutti capaci di esprimere un'etica di guerra "leale") e in qualche passaggio si nota una eccessiva ripetitività di pensieri e situazioni, ma nel complesso un romanzo davvero straordinario (nel doppio significato di elevato valore e di fuori dal consueto).
    Mi è poi piaciuta molto l'esposizione delle idee di Benoist (voce dell'autore in questo caso, mi pare): un socialismo dal "volto umano" (ancora non c'era stata la rivoluzione che porterà allo stato sovietico), basato non tanto su ideologie teoriche quanto piuttosto su valori morali di base quali la solidarietà e il sentimento di fraternità universale.
    Tra i personaggi mi è piaciuto soprattutto Michaud, la sua saggezza disincantata, la sua dichiarata insensibilità risolta nella pratica in un altruismo disinteressato e privo di calcoli. Lo stesso vale per Betty e la sua nobile forza morale e per Benoist e il suo tormentato dissidio interiore tra ideali morali e attaccamento alla patria. Ben costruiti anche gli altri personaggi, compresi l'odiosissimo (così almeno è riuscito a me) Fritz e Ginevra, perfetta personificazione letteraria dell'oca giuliva.
    Grande Natoli!
    A presto Ivo,
    una caro abbraccio
    Eliseo

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