mercoledì 16 novembre 2016

Luigi Natoli: Mastro Bertuchello. Antefatto storico: re Federigo e Francesco Ventimiglia, conte di Geraci.

Palermo, 1322
 
Un avvenimento che fu poi cagione di tristi conseguenze pel Regno, contristò Federigo in questo tempo. Aveva Francesco Ventimiglia, ricchissimo conte di Geraci, presa in moglie Costanza Chiaramonte; ma poco dopo innamoratosi di un’altra donna, la ripudiava col pretesto di sterilità. Ella si rinchiuse in un monastero. Il fratello Giovanni n’arse di sdegno e cercò vendicarsi. Scontratisi in Palermo con i loro scherani, vennero alle mani; il Ventimiglia ferito ricoverò nella reggia. Federigo, che l’aveva caro, esiliò il Chiaramonte, il quale si ribellò e non ebbe vergogna di portare le armi di Roberto contro la patria: poi, pentito andò in Germania, e capitanò le schiere di Ludovico il Bavaro, che lo fece marchese di Ancona.
Roberto riprese la guerra: e fu sul punto d’impadronirsi del Castello a mare di Palermo, per tradimento, se i cittadini non avessero sventata la trama, e bloccavano il castello; per cui le galere angioine dovettero lasciar l’impresa, e dare il guasto altrove. Federigo sperava d’avere amico il nuovo papa Benedetto XII come si era mostrato da cardinale, ma ne fu deluso; per cui si preparò a difendere nuovamente il Regno. Ma la perdita delle Gerbe, rivoltatesi pel mal governo del capitano che v’era preposto, lo addolorò; ed egli ormai stanco e travagliato dalla gotta, desiderava riposo.
Nell’estate del 1337, recandosi a Castrogiovanni (Enna) per passarvi l’estate, a Resuttana fu assalito dal male: e temendo la morte volle far testamento. Lasciò Pietro erede del regno e degli altri diritti; fece Giovanni, altro suo figlio, marchese di Randazzo, Guglielmo, terzo suo figlio, duca d’Atene e Neopatria, Federico d’Antiochia, conte di Capizzi; il primogenito del conte Francesco Ventimiglia, anch’esso di nome Francesco, conte di Golisano; ed altre disposizioni diede. Trasportato a Castrogiovanni, e peggiorando, disse voler morire in Catania; e vi fu portato a spalla dai cittadini, che accorrevano al suo passaggio. Morì nell’Ospizio dei cavalieri di Gerusalemme il 25 giugno 1337.
Ebbe solenni funerali, fu deposto temporaneamente nel duomo di Catania, ma poi fu trasportato a Palermo.
Federigo fu di animo grande; buon capitano, accorto ma non profondo politico, seppe far fronte alle grandi difficoltà, tenendo testa per quarant’anni al Papato, alla casa d’Angiò, alla Francia, ai Guelfi d’Italia, alla casa Aragona, alle armi, alle scomuniche, ai tradimenti; mantenendo l’indipendenza del Regno da abile nocchiero. I Siciliani videro in lui il principe che difendeva l’indipendenza, e per quarant’anni gli diedero sangue e averi; e con essi la forza e la costanza. Fu amico degli studi, e studioso egli stesso; fece venire in Sicilia Arnaldo di Villanova, celebre alchimista e filosofo, e con lui aveva in animo una riforma religiosa, alla quale s’era ispirato nel proporre un ordinamento generale della scuola, il primo che si vedesse. Fu legislatore sapiente, il quarto dopo Ruggero II, Guglielmo II e l’imperatore Federico. Ma sventuratamente lasciava tre mali; un successore inetto, un baronaggio strapotente, la guerra ancora accesa.
La stella della dinastia aragonese tramontò con lui, per non risorgere più. 
 
 
 
Luigi Natoli: Latini e Catalani vol. 1 - Mastro Bertuchello.
Antefatto storico tratto da: Storia di Sicilia dalla preistoria al fascismo di Luigi Natoli. Ed. Ciuni anno 1935, pubblicato in anteprima al romanzo per far meglio comprendere al lettore il quadro storico dell'epoca.
Prezzo di copertina € 22,00 - Pagine 575
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