mercoledì 16 novembre 2016

Luigi Natoli: Mastro Bertuchello. Antefatto storico: La guerra tra re Federigo e Roberto d'Angiò.


Palermo, 1325
 
A prevenire l’offensiva che Federigo meditava, il papa Giovanni XXII si intromise per una pace più durevole, e invitò gli ambasciatori di Sicilia, d’Aragona e di Napoli ad Avignone, allora sede pontificia. Vi andarono quelli di Sicilia, ma non quelli di Napoli, e così tutto sfumò. Avendo intanto Federigo aiutato i fuoriusciti Ghibellini di Genova sotto i Guelfi, che protetti da Roberto, s’erano impadroniti della repubblica, e fatto coronare re il principe Pietro, il che era contro la pace di Caltabellotta, il Papa, che stava per l’Angioino, ne prese pretesto per scomunicare Federigo, colpire la Sicilia d’interdetto, e riprendere la quistione del titolo di “re di Sicilia” che Federigo aveva riassunto. Riarse la guerra, e Roberto allestita una flotta di centotredici galere, di cui trenta genovesi, col figlio duca di Calabria e il fior dei baroni, lo mandò in Sicilia. Il 26 maggio 1325 il nemico sbarcò nelle campagne di Palermo: s’accampò sotto le mura, distrusse il parco della Cuba, depredando e bruciando, e poi diede l’assalto. La città era difesa da Giovanni Chiaramonte, detto poi il Vecchio, che aveva con sé, tra i baroni, Matteo Sclafano, Nicolò ed Enrico Abate, Giovanni Calvello, Simone Esculo e tutti i cittadini animosi. Per tre giorni con ogni macchina e strumento di guerra Genovesi e Napoletani si travagliarono in assalti, in punti diversi; e per tre giorni furono con gravi perdite ributtati. E si vide in quei frangenti il vecchio Chiaramonte, gottoso, farsi trasportare su una sedia qua e là sulle mura, dove maggiore era il pericolo, a incoraggiare e dirigere la difesa. Allora rinunziando agli assalti, il nemico cinse la città d’assedio, sperando prenderla per fame: ma la notizia che sopravveniva a gran giornate Giovanni Chiaramonte il giovane con altri baroni e buon nerbo di cavalli e di fanti, persuase il duca di Calabria e gli altri capitani a togliere l’assedio, e a contentarsi di dare il guasto alle campagne. E queste furono le imprese, né da re né da capitano, ordinate dal re Roberto, per lungo corso di anni.
Quando alla calata di Ludovico il Bavaro, si rianimarono i Ghibellini, Federigo si alleò col Tedesco, che coronato imperatore a Roma il 22 gennaio 1327, perduto inutilmente un anno, nell’aprile del 1328 fece deporre il papa Giovanni, ed eleggere un antipapa, Nicolò V. Ma Federigo, non volendo accrescere le ire del Pontefice, non riconobbe Nicolò; non negò però i suoi soccorsi all’Imperatore, e mandò con una flotta Pietro; il quale dopo avere danneggiato il castello di Astura e compiute altre operazioni, abboccatosi con l’imperatore di Pisa, ritornò in Sicilia, e l’Imperatore in Germania, dileggiato del rumore fatto per una impresa andata in fumo.

Luigi Natoli: Latini e Catalani vol. 1 - Mastro Bertuchello.
Antefatto storico tratto da: Storia di Sicilia dalla preistoria al fascismo di Luigi Natoli. Ed. Ciuni anno 1935, pubblicato in anteprima al romanzo per far meglio comprendere al lettore il quadro storico dell'epoca.

Prezzo di copertina € 22,00 - Pagine 575

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