giovedì 24 novembre 2016

Luigi Natoli: Il tesoro dei Ventimiglia. Quadro storico: la potenza dei due baronaggi Latini e Catalani nella Sicilia del 1348.


Il baronaggio indigeno, che si sentiva e si diceva latino, era in gran parte d’origine normanna, francese e italiana: ma in quel formarsi della monarchia si era così naturalizzato, che aveva finito per considerarsi veramente indigeno. Possedeva grandi feudi, specialmente nella Sicilia settentrionale e occidentale, e vantava i nomi dei Chiaramonte, dei Lancia, dei Ventimiglia, dei Montaperto, dei Tagliavia, dei Rosso, dei Calvello, degli Sclafano; ricca, magnifica, conservava la tradizione di quei cavalieri vissuti nelle corti di Ruggero e di Federico imperatore. L’altro baronaggio venuto con Pietro d’Aragona e durante il regno di Giacomo e Federigo, catalano, rude, fiero, che contava i nomi degli Alagona, dei Moncada, dei Valguarnera, dei Peralta, dei Galcerando, meno numeroso, arricchitosi dei feudi tolti agli altri, era divenuto possente per la predilezione dei re, che erano di loro razza. I dinasti aragonesi non ebbero virtù di fondere le due aristocrazie, le tennero anzi divise, invide e gelose. E neppure seppero fondere con i naturali delle città i borghesi e gli artigiani che venivano di Catalogna, i quali formavano colonie con propri capi, per cui i Catalani vi furon tenuti sempre come stranieri, e spesso chiamati barbari.
Durante la potenza del Vespro, questo baronaggio, era cresciuto in potenza, a furia di concessioni e di privilegi, e appannaggio pel servizio dell’armi , di cui era sempre richiesto. La sua potenza cresceva a scapito di quella del Re, e a spese dei comuni non solo feudali, ma demaniali, e l’interesse di difenderle a ogni costo, si sovrapponeva ai giuramenti prestati, al dovere verso la patria, verso cui non si vergognavano di attirare l’odiato nemico, se per suo mezzo potevano trarre vendetta di quelli, che credevan torti. Per preminenza, autorità e nome i due baronaggi avevano automaticamente fatto capo a due famiglie: i latini ai Chiaramonte; i Catalani agli Alagona. Manfredi II Chiaramonte aveva le cariche di Gran Siniscalco del regno e Capitan Giustiziere di Palermo; Blasco Alagona era Gran Giustiziere del regno. Questa carica gli dava il diritto, morto il duca Giovanni, di prender le redini dello Stato, ma i Latini che avevano dalla loro la regina Elisabetta, s’adombrarono. E richiamò i Palizzi, ma venne solo Matteo, perché Damiano, ammalato, morì prima di partire...
 
 
 
Luigi Natoli: Il tesoro dei Ventimiglia. - Latini e Catalani vol II.
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Quadro storico tratto da: Storia di Sicilia dalla preistoria al fascismo di Luigi Natoli e pubblicato al termine del romanzo nella edizione I Buoni Cugini.
 
 

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