mercoledì 28 settembre 2016

Luigi Natoli: Giovannello Chiaramonte libero dalla prigionia ... - Tratto da: Il paggio della regina Bianca.


- Noi siamo di Caccamo, e non intendiamo avere altri signori, che non siano della vostra casa; abbiamo militato sotto il magnifico messer Andrea vostro padre, e quando egli fu assassinato dal re, seguimmo messer Enrico, vostro zio… Siamo venti, banditi dalla nostra terra, ricercati dalle milizie del re come ribelli… perché fedeli alla vostra casa… Abbiamo aspettato il momento opportuno per librarvi dalla prigionia, messere; perché voi, ultimo ed unico erede del gran nome, voi siete stato prigioniero del barone di Ciminna per ordine del re!... Ora eccovi libero, messere: voi siete il nostro signore. Comandateci.

La luna sorgeva in quel momento di fra le nubi, dietro i neri dorsi taglienti dei monti, e diffondeva una luce azzurra e blanda sul colle, dal quale non era ancor fuggito l’estremo barlume crepuscolare. Iluminava i profili di quegli uomini, con tocchi di luce, resi gagliardi dalle ombre.
In quell’ora, in quel colle, con quel silenzio, le parole di quell’uomo rude e affettuoso, fiero e sottomesso, selvaggio e devoto, avevano una solennità eroica e divina.
Giovannello taceva; si sentiva il cuore gonfio di una grande commozione.
Per la prima volta assaporava la gioia di sentirsi libero e signore di sé: lo stupore dei primi momenti, cedeva ad una specie di ebbrezza ineffabile. Per la prima volta sentiva di possedere la chiave della sua esistenza.
Guardò quegli uomini con un sentimento di riconoscenza, di ammirazione e di tenerezza. Quegli uomini, che vagavano ribelli, perseguitati, avevano conosciuto messer Andrea Chiaramonte, avevano combattuto con lui e per lui.
Stette un po’ in silenzio, non sapendo che risolvere: non aveva una meta, non aveva mai pensato che la sua vita potesse indirizzarsi a qualche scopo; non conosceva quelle contrade, non sapeva dove conducesse il sentiero che si intravedeva appena tra le rocce e le macchie.
La notte scendeva. Da lontano si udì echeggiare lugubre e lungo l’ululato di un lupo.
Luigi Natoli - Il paggio della regina Bianca
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