venerdì 9 settembre 2016

Luigi Natoli e la Quinta casa dei padri Gesuiti: tratto da "I mille e un duelli del bel Torralba".


Il nome le veniva dall’essere la quinta delle sei case religiose che i padri Gesuiti possedevano in Palermo. Sorgeva presso il Molo ed era adibita ordinariamente agli esercizi spirituali; e vi si andavano a chiudere per un dato periodo di giorni gli uomini che volevano purgarsi l’anima dei peccati, che ricommettevano poi uscendone. Ma cacciati i gesuiti nel 1776, la Casa fu in seguito trasformata in caserma per la cavalleria, e poi in casa di correzione, e munita di grosse inferriate alle finestre. Vasto e massiccio edificio, come ancora si vede, vi si chiudevano i borsaioli, maschi e femine, che si volevano correggere, “i figli dei ladri di cui si volevan fare dei buoni Siciliani, i cattivi soggetti, i bancarottieri, i rapitori di donne, che si lasciavano rapire e infine, per grazia speciale, si accordava ai padri scontenti di confidare i loro figli alla tenera vigilanza del padre Geronimo, cappuccino, e le loro figlie alla materna sollecitudine della signora donna Virginia”. Così si chiamavano i due corpulenti ed atletici personaggi direttori di questo istituto. Essi avevano una potestà illimitata sui loro prigionieri, salvo quella di vita e di morte.

Per entrarvi non occorreva una sentenza di magistrato; bastava che un padre, che voleva “amorosamente” correggere un figlio di qualche suo amoretto, ottenesse un biglietto dalla presidenza della Gran Corte, che era allora il giureconsulto don Giovanbattista Paternò; col quale biglietto egli cominciava col far prendere e legare il proprio figlio dai birri, che lo conducevano alla Quinta Casa “dove lo si chiudeva sotto chiave, e dove l’autore dei suoi giorni non tardava a raggiungerlo. Lì questi si accordava col padre Geronimo, per far amministrar regolarmente al suo caro figlio venti, trenta o quaranta nerbate la settimana, sopra una parte del corpo che il pudore mi vieta di nominare, colpi dei quali la prima ragione ordinariamente era data sotto gli occhi paterni”.    

Si usciva dalla Quinta Casa a richiesta del padre: vi si poteva stare dieci giorni come un anno; e qualche disgraziato vi stette anche quattro anni, e vi impazzì.
 
Luigi Natoli - I mille e un duelli del bel Torralba.
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