mercoledì 15 giugno 2016

Luigi Natoli e gli emigranti napoletani: tratto da "I mille e un duelli del bel Torralba".


(gennaio 1806) I Collalto avevano ancora tanto da poter vivere con decoro, tra la folla degli emigranti napoletani miserabili e prepotenti che s’era gittata in Palermo.
La città infatti offriva uno spettacolo singolare: per le strade si incontravano piccoli nobili, impiegati dei ministeri e delle aziende dello stato, preti, frati di tutti gli ordini, che fuggiti dietro alla Corte o per fedeltà verso la famiglia reale, o per paura, o per vivere a le spalle altrui, andavano oziosi e pretenziosi; ritenendo che pel loro attaccamento alla causa reale, e perché vittime dell’invasione avevano diritto ad essere mantenuti dai Siciliani. I nobili ottenevano per sé anche le cariche che sarebbero toccate di diritto ai Siciliani; i magistrati si ficcavano nei tribunali; quei fuggiaschi si conducevano come in un paese di conquista; e strappavano alle casse della Sicilia, troppo esauste, oltre a seicento mila lire di nostra moneta, ogni anno per sussidi: somma, per quei tempi enorme, e pel valore del denaro, dieci e più volte maggiore che oggi. E non solo: essi vivevano a spese della Sicilia, e ne occupavano gli uffici, ma alla invadenza e alle usurpazioni, univano il dispregio, per la protezione del re, e segnatamente della regina.
Era nota l’antipatia di Maria Carolina pei Siciliani e per Palermo, di cui arrivavano a calunniare perfino il clima, scrivendo che vi si moriva di freddo e che di marzo c’erano le nevi! Essa in questo nuovo rifugio, se trovò dei nobili che le furono devotissimi e fedelissimi, non ebbe in generale le calde accoglienze del popolo come la prima volta. Così all’antipatia si aggiunse la diffidenza: si circondò di una polizia segreta, a capo della quale pose un Colonnello Castrone, analfabeta, senza scrupoli, ladro, ma abilissimo architetto di spionaggio; che organizzò fra i peggiori emigrati napoletani e francesi e fra i siciliani più laidi o più fanatici, un vero esercito di spie, detti il “Corpo degli svaligiatori”.
La protezione largamente data ai Napoletani, la diffidenza palese contro i Sicilia ni, generavano antipatie e fecondavano i germi della discordia fra gli uni e gli altri.
Anche in Messina vi erano emigrati napoletani ai quali la Corte aveva dato uffici e gradi, negandoli e anche togliendoli ai siciliani. Era la politica del governo che, favoriva tutta quella accozzaglia di gente diversa che non lo aveva saputo difendere, a detrimento di un popolo che gli dava asilo, e le sue sostanze e i suoi uomini per comporre un esercito. Con uno slancio generoso i baroni siciliani si erano infatti offerti a levare milizie nelle loro terre e a mantenerle a loro spese; e in poco tempo si era raccolto un esercito di trentaseimila uomini, comandati dai loro signori feudali; ma questo esercito che non costava nulla al governo, aveva suscitato i clamori e le proteste degli ufficiali napoletani, che percepivano stipendi senza far nulla, mentre le due decine di migliaia di truppe regolari languivano nelle caserme, nude, affamate e senza munizioni. Suscitata la diffidenza della Corte, presentando quella milizia come un pericolo pel re, non si era provveduto a essa, e i baroni erano stati costretti a rimandare i loro vassalli nei feudi. Pure, qualche anno più tardi, furono queste milizie paesane che respinsero uno sbarco di francesi in Sicilia, e salvarono il re dall’invasione.
Coi favori, col denaro profuso verso i napoletani, con lo svalutamento dei siciliani, le perquisizioni poliziesche del colonnello Castrone e del colonnello Colaianni, che vedevano dovunque i nemici della Corona, si scavava un abisso fra i due popoli. I napoletani si conducevano da padroni e ritenevano un loro diritto quel che era prodotto dalla generosa ospitalità; i Siciliani, non soffrivano quell’aria da conquistatori, e ne nascevano urti che alimentavano e creavano quel dualismo nefasto; non ultima ragione dei moti che più tardi scoppiarono in Sicilia.
Luigi Natoli - I mille e un duelli del bel Torralba.
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